Misura cautelare

Corruzione in Liguria, accolta l’istanza: Paolo Emilio Signorini ai domiciliari

Era l'unico ad essere finito in carcere il 7 maggio: è rimasto in cella per oltre due mesi

signorini

Liguria. La gip Paola Faggioni ha accolto l’istanza dei difensori dell’ex presidente del porto Paolo Signorini che oggi a due mesi e nove giorni dall’arresto del 7 maggio, può lasciare il carcere di Marassi. Anche lui andrà ai domiciliari dove si trovano tutt’ora due dei principali coindagati della maxi inchiesta sulla corruzione in Liguria, il governatore Giovanni Toti e l’imprenditore Aldo Spinelli.

L’ex capo di Gabinetto della Regione Liguria Matteo Cozzani già due settimane fa aveva ottenuto la revoca dei domiciliari (sostituita dall’obbligo di dimora a Genova e dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), perché si era dimesso da ogni incarico.

Il no del Riesame una settimana fa

Gli avvocati di Signorini avevano presentato istanza di sostituzione del carcere con i domiciliari al tribunale del Riesame che aveva rigettato la richiesta perché aveva giudicato non sufficientemente chiare le condizioni in cui l’ex amministratore delegato di Iren avrebbe dovuto scontare la custodia cautelare. Il tribunale tuttavia aveva nella sostanza accolto l’istanza dicendo che gli avvocati non solo “non contestano un quadro indiziario grave rispetto ai fatti” ma neppure contestano la sussistenza delle esigenze cautelari rispetto al rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.

Infatti la richiesta è pur sempre quella di “una misura custodiale” (i domiciliari equivalgono al carcere anche dal punto di vista del ‘presofferto’ al momento di un’eventuale condanna). Per il Tribunale del Riesame è infatti “prevedibile” che l’ex presidente del porto si asterrà “dall’espresso divieto di contatti con terzi diversi dai conviventi” visto che sa che tornerebbe immediatamente dietro le sbarre.

Compleanno in carcere e domiciliari ‘blindati’

Signorini, che proprio ieri ha compiuto 61 anni, dopo il carcere andrà ai domiciliari in un’abitazione a Genova presa in affitto dal fratello e dove la figlia si trasferirà temporaneamente. Tra le prescrizioni imposte dalla giudice il divieto di comunicazioni con l’esterno ad eccezione dei parenti conviventi e ovviamente dei suoi legali.

L’ex amministratore delegato di Iren, a cui l’azienda aveva ritirato tutte le deleghe subito dopo l’arresto e che qualche settimana fa è stato anche licenziato dal ruolo di dirigente, è al momento senza stipendio e privo di fonti di reddito. Proprio per questo il Riesame aveva chiesto agli avvocati di fornire ‘garanzie’ rispetto alla disponibilità dei congiunti al suo mantenimento.

Le accuse nei confronti di Signorini

Signorini, che è rimasto due mesi in carcere e ora potrà accedere ai domiciliari, è accusato di diversi episodi di corruzione nell’esercizio della funzione, in particolare da parte dell’imprenditore Aldo Spinelli dal quale avrebbe ricevuto denaro e favori in cambio delle agevolazioni sulle pratiche del porto.

Tra questi favori, il saldo delle spese per il matrimonio della figlia, soggiorni di lusso a Montecarlo, viaggi a Las Vegas, promesse di incarichi lavorativi prestigiosi. Nelle carte si parla di viaggi e soggiorni con giocate al casinò, massaggi e altri servizi extra, e poi regali – bracciali di Cartier, borse di Chanel – la promessa di un impiego da 300mila euro quando avesse concluso il mandato da presidente dell’autorità portuale.

Tutto garantito da Aldo Spinelli a fronte dell’impegno di accelerare la calendarizzazione della pratica in Comitato di Gestione (da lui presieduto) di rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse alla Terminal Rinfuse Genova S.r.l. (controllata al 55% dalla Spinelli S.r.l.) e per aver rinnovato la suddetta concessione per trent’anni. Non solo. Sempre secondo le carte, Spinelli avrebbe ottenuto grazie a questi favori ulteriori spazi portuali, in particolare le aree Enel (ex Carbonile) e nella pratica del “tombamento” di Calata Concenter, l’occupazione abusiva dell’area dell’ex Carbonile lato levante Nord e Sud in assenza di un titolo legittimante.

Signorini, secondo i pm, sarebbe stato corrotto anche da Mauro Vianello, titolare del 54,19% delle quote dell’impresa Santa Barbara S.r.l., attiva nel settore degli affari concernenti i trasporti e le comunicazioni e specializzata nei servizi di Prevenzione, Vigilanza e Primo Intervento Antincendio nell’ambito del porto di Genova. In cambio di un provvedimento che disponeva l’aumento della tariffa oraria per le prestazioni del servizio integrativo della Società Santa Barbara, avrebbe ricevuto la disponibilità di un’autovettura di proprietà di Vianello per raggiungere e rientrare da Montecarlo per due giorni ad aprile, un Apple Watch da regalare e, ancora 6.600 euro per il banchetto di nozze della figlia. Vianello che proprio Signorini ha nominato consulente in Iren, con il compito di curare i rapporti con il territorio e lo sviluppo di progetti in Liguria “come corrispettivo ricompensa delle utilità ricevute”, sostiene l’accusa.

spinelli signorini

L’interrogatorio davanti ai pm: “Solo comportamenti inopportuni”

Nell’interrogatorio davanti ai pm Luca Monteverde, Federico Manotti e Vittorio Ranieri Miniati Paolo Signorini si è difeso negando di essere stato corrotto ma ammettendo di aver tenuto “comportamenti inopportuni“.
L’ex presidente del porto ha negato in quella sede buona parte delle risultanze investigative: “Non mi ha dato Spinelli i soldi in contanti da restituire a S.D. che aveva fatto il bonifico per il catering di mia figlia, quei soldi li avevo vinti al Casinò”. La Procura gli contesta che dalla rogatoria pervenuta da Montecarlo emerge, che, per tutto il periodo oggetto di indagine, Paolo Signorini ha ottenuto vincite sui tavoli per complessivi 2.099,25 euro, cifra ben al di sotto dei 13.500 restituiti. “Non è esatto – aveva risposto Signorini – in realtà lo entravo al Casino Invitato da Spinelli, e quindi essendo un suo invitato non venivo registrato”.
Circa chi mettesse i soldi per giocare ha fatto un’ammissione solo parziale: “Inizialmente mettevamo 500 euro a testa di tasca mia e successivamente lui a volte potenziava il gioco”. Poi “il gioco proseguiva con una parte delle vincite, mentre una parte venivano Incassate”. Signorini in sostanza aveva spiegato che “pur non essendo io registrato”, gli venivano comunque cambiate le fiches: “Davo alla cassa il nome Spinelli e loro me le cambiavano”.

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