Oltre l'inchiesta

Corruzione: Salvini non incontra Toti (per ora), ma resta il confronto nel centrodestra su dimissioni e voto

Chi ha interesse che Giovanni Toti rassegni le dimissioni? Chi non lo vuole? Perché? E cosa pensa lui? Proviamo a fare il punto basandoci solo su fatti e parole scritte

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Liguria. E’ vero, il ministro delle Infrastrutture e leader della Lega Matteo Salvini nelle prossime ore sarà a Genova. Ed è vero che Giovanni Toti, tramite il suo avvocato, ha chiesto al tribunale di Genova di poterlo incontrare per discutere delle future strategie politiche alla luce degli ultimi sviluppi dell’inchiesta. Ma, come è stato ribadito a più riprese da varie fonti del centrodestra, Toti e Salvini non si incontreranno in questo lunedì 15 luglio.

D’altronde non basta che l’avvocato di Toti, Stefano Savi, dica di voler depositare la richiesta dei nuovi incontri. La richiesta va depositata. Gli incontri vanno autorizzati. Le notifiche vanno consegnate. Ci vuole tempo. E però a questo punto non sarebbe neppure così necessario che i due si vedessero visto che, in maniera sui generis, una comunicazione c’è stata: alla lettera di Toti all’avvocato Savi, pubblicata da tutte le testate, è seguito l’intervento a mezzo stampa di Salvini. Che dalle pagine del SecoloXIX ha difeso Toti, sì, ma ha anche tessuto le lodi del suo viceministro Edoardo Rixi.

Siamo davvero a un passo dalle dimissioni? Davvero la parte della lettera in cui Toti dice che il ”restare è un peso più che un onore” significa che ha intenzione di dimettersi? I giochi sono tutt’altro che definiti e se fino a qualche settimana fa sembrava che da Roma la politica nazionale spingesse verso le dimissioni e il voto ligure – e Toti e il centrodestra ligure fossero arroccati sullo status quo – adesso le posizioni sembrano parzialmente invertite.

Non è un caso, e non è solo questione di agende, se il governatore agli arresti domiciliari e con la prospettiva di un lunghissimo termine per questo tipo di misura cautelare, non ha chiesto di parlare con la premier Giorgia Meloni. E’ soprattutto Fratelli D’Italia che, a livello nazionale, teme un ipotetico voto ligure a ottobre. Ma nello stesso periodo si terranno anche le elezioni regionali in Umbria e in Emilia Romagna. Meloni, che pur ha fatto segnare al suo partito un ottimo risultato alle Europee, sa che il centrosinistra è in rimonta. E sa che il rischio è quello di una sconfitta per tre a zero.

Chi inizia a pensare che, se questa sarà la volontà di Toti, le dimissioni – e il ritorno al voto – siano invece il minore dei mali possibili sono i partiti di centrodestra ligure, quelli al governo in Regione. In caso di voto nel 2025 toccherebbe a loro approvare il bilancio entro fine anno, gestire un buco nella sanità che cresce di giorno in giorno e, probabilmente, tagliare servizi o alzare tasse. Allora sì che sarebbe difficile impostare una successiva campagna elettorale.

L’altra questione è: Toti, al netto dei proclama ufficiali e degli oltranzismi dei suoi fedelissimi, vuole davvero dimettersi? Probabilmente sì, e se quella lettera all’avvocato contiene davvero i pensieri de governatore, lo si evince da un passaggio sulla punta dell’ironia. Quando Toti scrive che, se mai dovesse tornare libero, “nessun imprenditore gli rivolgerebbe la parola neppure per chiedergli un’informazione stradale”, riconosce che la carriera politica, se non al capolinea, ha indubbiamente subito una battuta d’arresto.

Non solo, il diniego del Riesame basato non sul rischio di inquinamento di prove ma sulla possibile reiterazione del reato consente una durata dei domiciliari fino a sei mesi, periodo raddoppiato nel caso di “giudizio immediato”. In queste condizioni Giovanni Toti ha giuridicamente, politicamente, mediaticamente, le mani legate.

E allora c’è un altro tema di cui il presidente sospeso della Regione Liguria deve discutere con Salvini (e non solo), del suo futuro. Escluso un terzo mandato – e questo parrebbe l’unico punto fermo – vuole capire cosa sarà del suo futuro. E non è detto che nell’immediato sia un futuro squisitamente politico. D’altronde, in un altro passaggio non molto citato di quella lettera al legale Savi, Giovanni Toti presenta una sorta di curriculum: “ho fatto il giornalista, l’inviato, il direttore di due telegiornali nazionali, il dirigente d’azienda, l’eurodeputato…”.

Nei prossimi giorni, salvo altri sviluppi dell’inchiesta, la partita sul voto regionale entrerà quindi davvero nel vivo. Se Toti avrà il nulla osta di alleati e centrodestra nazionale, e se avrà una qualche rassicurazione sul “dopo”, l’impressione è che la parola “dimissioni” non sarà più un taboo. E il nodo del candidato del centrodestra assumerà toni diversi da quelli, avuti finora, della fantapolitica.

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