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Inchiesta corruzione, Signorini lascia il carcere: per lui domiciliari “blindati”

La giudice che lo ha scarcerato ha disposto il "divieto di comunicazione con chiunque" ad eccezione di tre parenti e degli avvocati: "Il quadro indiziario resta grave"

Liguria. E’ arrivato nell’appartamento nel centro storico di Genova dove dovrà trascorrere i domiciliari poco prima delle 15.30 del pomeriggio Paolo Signorini, l’ex presidente del porto di Genova che oggi ha lasciato il carcere di Marassi dove era recluso del 7 maggio in seguito all’arresto per corruzione.

Signorini è arrivato a casa scortato da due agenti della polizia penitenziaria. Giacca e pantaloni blu e polo dello stesso colore, il volto visibilmente segnato dagli ultimi due mesi, l’ex amministratore delegato di Iren trascinava un trolley  che conteneva tutte le carte del procedimento e un sacchetto nero con gli oggetti personali che aveva  in cella.

L’ex presidente del porto, che proprio ieri in carcere ha compiuto 61 anni, oggi potrà in qualche modo festeggiare il compleanno e con il ritorno a casa, seppur non da uomo libero. La gip Paola Faggioni che ha accolto l’istanza presentata dagli avvocati Mario ed Enrico Scopesi con le modalità già indicate dal tribunale del Riesame, ha disposto per lui dei domiciliari blindati. 

Signorini, che sarà assistito dalla figlia per le esigenze quotidiane, potrà comunicare inoltre con la cugina e due fratelli e con i suoi avvocati. Il resto è tutto vietato: Signorini “non potrà uscire dalla propria abitazione senza autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria” deve rispettare il “divieto di comunicare con qualsiasi mezzo (telefonia fissa o mobile, email, piattaforme chat, social network) con persone diverse dagli stretti congiunti e familiari che con lui coabitano o lo assistono, misura che consente di mantenere un adeguato controllo sul comportamento dell’indagato”.

La giudice Faggioni: “I domiciliari siano blindati”

Nelle due pagine del provvedimento la giudice ha ricordato che “permane invariato a carico dell’indagato, in relazione al reati al medesimo contestati, il grave quadro indiziario” così come “permangono le esigenze cautelari” ma “il periodo di sottoposizione dell’indagato alla massima misura cautelare della custodia in carcere e l’intervenuto licenziamento per giusta causa da parte di Iren” per la gip come già aveva sostenuto il Riesame costituiscono “elementi favorevoli all’indagato che fanno ragionevolmente ritenere che le esigenze cautelari, sia pure ancora presenti, si siano ridimensionate e che, pertanto, possano essere astrattamente soddisfatte con la misura degli arresti domiciliari, purché con modalità blindate che prescrivano l’assenza di contatti con persone diverse dai conviventi”

Le accuse nei confronti di Signorini

Signorini, che è rimasto due mesi in carcere e ora potrà accedere ai domiciliari, è accusato di diversi episodi di corruzione nell’esercizio della funzione, in particolare da parte dell’imprenditore Aldo Spinelli dal quale avrebbe ricevuto denaro e favori in cambio delle agevolazioni sulle pratiche del porto.

Tutto garantito da Aldo Spinelli a fronte dell’impegno di accelerare la calendarizzazione della pratica in Comitato di Gestione (da lui presieduto) di rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse alla Terminal Rinfuse Genova S.r.l. (controllata al 55% dalla Spinelli S.r.l.) e per aver rinnovato la suddetta concessione per trent’anni. Non solo. Sempre secondo le carte, Spinelli avrebbe ottenuto grazie a questi favori ulteriori spazi portuali, in particolare le aree Enel (ex Carbonile) e nella pratica del “tombamento” di Calata Concenter, l’occupazione abusiva dell’area dell’ex Carbonile lato levante Nord e Sud in assenza di un titolo legittimante.

Signorini, secondo i pm, sarebbe stato corrotto anche da Mauro Vianello, titolare del 54,19% delle quote dell’impresa Santa Barbara S.r.l., attiva nel settore degli affari concernenti i trasporti e le comunicazioni e specializzata nei servizi di Prevenzione, Vigilanza e Primo Intervento Antincendio nell’ambito del porto di Genova. In cambio di un provvedimento che disponeva l’aumento della tariffa oraria per le prestazioni del servizio integrativo della Società Santa Barbara, avrebbe ricevuto la disponibilità di un’autovettura di proprietà di Vianello per raggiungere e rientrare da Montecarlo per due giorni ad aprile, un Apple Watch da regalare e, ancora 6.600 euro per il banchetto di nozze della figlia. Vianello che proprio Signorini ha nominato consulente in Iren, con il compito di curare i rapporti con il territorio e lo sviluppo di progetti in Liguria “come corrispettivo ricompensa delle utilità ricevute”, sostiene l’accusa.

Nell’interrogatorio davanti ai pm Luca Monteverde, Federico Manotti e Vittorio Ranieri Miniati Paolo Signorini si è difeso negando di essere stato corrotto ma ammettendo di aver tenuto “comportamenti inopportuni“.
L’ex presidente del porto ha negato in quella sede buona parte delle risultanze investigative: “Non mi ha dato Spinelli i soldi in contanti da restituire a S.D. che aveva fatto il bonifico per il catering di mia figliaquei soldi li avevo vinti al Casinò”. La Procura gli contesta che dalla rogatoria pervenuta da Montecarlo emerge, che, per tutto il periodo oggetto di indagine, Paolo Signorini ha ottenuto vincite sui tavoli per complessivi 2.099,25 euro, cifra ben al di sotto dei 13.500 restituiti. “Non è esatto – aveva risposto Signorini – in realtà lo entravo al Casino Invitato da Spinelli, e quindi essendo un suo invitato non venivo registrato”.
Circa chi mettesse i soldi per giocare ha fatto un’ammissione solo parziale: “Inizialmente mettevamo 500 euro a testa di tasca mia e successivamente lui a volte potenziava il gioco”. Poi “il gioco proseguiva con una parte delle vincite, mentre una parte venivano Incassate”. Signorini in sostanza aveva spiegato che “pur non essendo io registrato”, gli venivano comunque cambiate le fiches: “Davo alla cassa il nome Spinelli e loro me le cambiavano”.

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