Lettera al direttore

Riflessione

A proposito della crisi in Liguria…

Promuovere una nuova fase di dialogo tra i cittadini e le istituzioni

savona vista veduta dall'alto vecchia darsena

Savona. Tutti, semplici cittadini o soggetti impegnati nel sociale, attendono trepidanti che i vari prestigiatori estraggano dal loro cilindro proposte atte a risolvere la crisi che attanaglia la nostra Liguria.

A mio parere, non è possibile, né tantomeno accettabile, che la classe politica e dirigente resti sorda a ciò che la “gente” pensa e dice ormai apertamente.

La democrazia non è un cilindro vuoto in cui cacciare dentro tutto ciò che serve ai partiti o alle congreghe che gestiscono rendite o capitali più o meno occulti.

La mia riflessione muove soprattutto da una domanda: la Regione Liguria vuole essere più faticosamente solidale o più comodamente soggettiva?

Partendo dai valori della solidarietà e della sussidiarietà, come è possibile individuare i principi e le norme per le istituzioni e la società che vorremmo avere?

L’argomento sarebbe veramente sconfinato, ma qui intendo evidenziare quattro punti.
1) La capacità della Liguria di “farsi società”. A tal proposito, la Liguria sarà evidentemente lo specchio, a livello locale, di ciò che sarà la società italiana ed europea.
2) Lo “spazio sociale” (servizi, sicurezza, salute, istruzione ecc.) è più marcatamente influenzato e correlato a esigenze e specificità locali, rispetto ad altri settori (industria, tecnologia, media ecc.), da tempo coinvolti in processi di globalizzazione.
3) Sussiste una profonda crisi dello spazio sociale. La crescita economica e l’integrazione sociale devono procedere in parallelo, sotto l’egida delle istituzioni, anche regionali, conformemente al dettato costituzionale.
4) In questo processo i cittadini hanno una responsabilità grandissima: aprirsi al dialogo e all’ascolto reciproco, per pervenire a una mediazione tra i differenti punti di vista che sia benefica per la società di cui fanno parte. Occorre inoltre che il cittadino si rapporti con correttezza alle istituzioni, senza dimenticare che la responsabilità collettiva e quella individuale vanno di pari passo. In particolare, la solidarietà non può essere garantita solo dalle leggi o mediante la materiale redistribuzione delle risorse, trasformando i cittadini in “clienti-assistiti” e le istituzioni in onnipotenti elargitori.

Per superare il dirigismo da parte di un ente sovraordinato che voglia imporre le proprie decisioni, la sussidiarietà è la formula più adatta. Essa mira a garantire il dovuto ascolto delle amministrazioni locali nonché delle associazioni di categoria rappresentative del sociale, dell’economia, della cultura e delle minoranze in genere.

Una volta aperto un dialogo, fra i cittadini e con i cittadini, esso potrà vertere su innumerevoli temi: dall’ecologia all’invivibilità dei centri urbani, dalla crescente solitudine ed emarginazione degli anziani alla crescita generalizzata del disagio psicofisico, dalla diminuzione delle speranze collettive all’immigrazione e all’emigrazione, solo per fare alcuni esempi.

Non dal cilindro dei prestigiatori della politica, ma dalla collettività nelle sue varie articolazioni potranno venire le soluzioni.

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