Oro olimpico

Italvolley d’oro a Parigi, Ilaria Spirito: “Gioia indescrivibile, commossa quando Velasco mi ha fatta entrare”

La campionessa di Albisola su Parigi 2024: il ruolo di tredicesima, la settimana orribile, le fake news, il torneo della baguette, i suoi inizi calcistici e una dedica speciale

Ilaria Spirito Olimpiadi Parigi 2024
A sx Spirito con l'oro, il primo oro azzurro nel volley. A sx nella foto della Fipav la festa al ritorno in Italia

Immersus emergo. Quando affondo riemergo. Due parole tatuate sulla pelle di Ilaria Spirito, pallavolista albisolese vincitrice della medaglia d’oro con l’Italia alle Olimpiadi di Parigi 2024. Due parole che sintetizzano un percorso complicato. Tre volte la rottura del crociato nel giro di cinque anni, la Nazionale che da ormai un lustro non era nei piani. “Dopo la terza operazione del legamento il pensiero di smettere c’è stato ma poi mi sono detta, sai che c’è? Riproviamoci”.

Classe 1994 e libero del Chieri, è stata convocata come tredicesima da Julio Velasco, coronando un 2024 che l’ha vista primeggiare con la nazionale anche in Nations League, mentre con il club ha sollevato la Coppa CEV. Una carriera partita da Albisola ma che l’ha portata subito lontano, anche suo malgrado, dalla Liguria.

Italia batte Stati Uniti 3 a 0, è oro olimpico. Il primo pensiero?

Cosa mi è venuto in mente? Non lo so neanche io, faccio fatica a realizzare l’idea di essere campionessa olimpica. Ero contenta e ho abbracciato tutte le mie compagne. Non riesco a esprimere a parole ciò che provo. Ma la tensione maggiore era per la semifinale, la cui vittoria ci avrebbe dato la certezza di vincere una medaglia olimpica, e per i quarti di finale, da sempre lo “scoglio” dell’Italia ai Giochi.

Una medaglia che cambia la vita di uno sportivo, dev’essere difficile separarsene…

Assolutamente, la vittoria delle Olimpiadi è l’apice della carriera di ogni sportivo. È la vittoria più preziosa. Porto la medaglia sempre con me, non la lascio fino a quando, per forza di cose, dovrò tornare in palestra per iniziare la nuova stagione.

La tredicesima convocata sa che dovrà quasi sempre guardare le compagne dalla tribuna, in che modo si può contribuire?

Non è un ruolo semplice per chi come me è abituata a giocare sempre. Ci siamo allenate tutti i giorni e ho dato il massimo per tenere alto il livello degli allenamenti. Ho messo tutto me stessa. Ho cercato di infondere energia e tranquillità alle mie compagne. In particolare ad Anna Danesi, il capitano, che condivideva la stanza con me. Il ruolo di tredicesima impone di prepararsi a essere d’aiuto anche mentalmente, visto che fisicamente si può far poco in partita.

C’è stato un momento in cui avete capito di essere un grande gruppo non solo a livello tecnico?

Durante la preparazione alle Olimpiadi abbiamo vissuto una settimana orribile. Degradi e Bonifacio si sono infortunate perdendo la possibilità di essere convocate. A ciò si sono aggiunti alcuni problemi extra volley per alcune. Un momento difficile nel corso del quale ci siamo riunite e guardate in faccia. Ci siamo dette che non ci saremmo dovute fermare. Un momento di condivisione che ha coinvolto tutte, dalle più esperte alle più giovani.

Com’è nata la definizione “torneo della baguette”?

Proprio in quel momento. Ci è servito per alleviare la tensione in un momento in cui tutto intorno a noi non ci faceva distogliere il pensiero dalle Olimpiadi. Abbiamo quindi iniziato a riferci all’evento con questo appellativo.

A proposito di strategie mentali e di strateghi. Ritornare nel giro della Nazionale perché voluta da un allenatore iconico come Julio Velasco deve far piacere il doppio..

Non pensavo più alla Nazionale, avevo l’impressione che ormai Mazzanti non avesse più interesse in me. Ero serena e consideravo chiuso il capitolo azzurro. La chiamata di Velasco è stata inaspettata ma le mie aspettative erano minime, pensavo che il ruolo di secondo libero sarebbe toccato a una giocatrice più giovane.

E invece…

Mi sono sempre allenata con il sorriso in Nazionale, dando il massimo. Penso che Velasco abbia apprezzato il mio approccio alla Nazionale e mi ha portato dicendomi che per personalità ed esperienza avevo le carte in regola per interpretare nel modo giusto il ruolo di tredicesima giocatrice.

Anche la soddisfazione dell’ingresso in campo con la Turchia nel girone, emozione fortissima?

Ero commossa quando mi ha fatto entrare in campo. Sono dell’idea che tutte le tredicesime meritino di provare la sensazione di giocare, anche se non è mai bello quando una compagna si fa male.

“Qui e ora” era il mantra di Velasco, ci sono state altre frasi “cult”?

Velasco ha normalizzato l’errore. Ci ha detto di pensare che gli errori sono delle fake news. In che senso? Nel senso che per non rimuginare sugli errori bisogna sforzarsi di pensare che non siano accaduti, che siano fake news.

C’è una dedica particolare?

Dedico questo oro alla mia famiglia: mio papà, mia mamma e mia sorella. Sono andata via di casa giovanissima, ma mi sono sempre stati vicini rispettando sempre le mie scelte. Mio padre soffriva quando da piccola giocavo a calcio visto che è un allenatore di pallavolo e grande appassionato di questo sport. Mia sorella ha dovuto vivere molti momenti da figlia unica. Sono stata felice di avere mio papà a Parigi, purtroppo mia mamma non è riuscita a venire.

E a livello di allenatori chi ha segnato maggiormente il percorso di Ilaria Spirito?

Matteo Lucchini a Busto Arsizio ha avuto un ruolo importante, visto che mi ha seguita nel percorso delle giovanili. Mi confronto ancora spesso con lui. Ma tutti, anche se in modi diversi, mi hanno lasciato qualcosa.

Curioso è anche il tuo percorso sportivo, iniziato dal calcio. Consiglieresti una formazione “polisportiva” ai più giovani?

Più sport si provano e meglio è sia dal punto di vista caratteriale sia dal punto di vista motorio. Forse anche per questo a volte riesco a salvare qualche pallone con i piedi. Ho fatto anche nuoto. Serve a poco, specialmente negli sport di squadra, iperspecializzarsi a 6 anni.

C’è un complimento particolarmente gradito tra i tanti ricevuti? 

Ce ne sono stati di inaspettati ma la cosa che spero è che questa attenzione mediatica accenda maggiormente le luci dei riflettori sulla pallavolo.

In una regione, tra l’altro, che non ha squadre nella massima serie…

Società, comuni e regione dovrebbero investire di più nelle strutture. A me sarebbe piaciuto e piacerebbe giocare in Liguria ma non ci sono squadre che giocano nella massima serie. Anche agli altri atleti liguri che giocano in altre parti d’Italia piacerebbe giocare per una squadra della loro regione. L’auspicio è che nuove persone si affaccino al mondo della pallavolo per cambiarlo e dare maggiore slancio.

Infine, come si riparte dopo aver raggiunto il massimo?

Non ci si può fermare. Si resetta e si riparte per nuovi obiettivi. Ogni vittoria è bella, anche se non è un’Olimpiade.

 

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.