Savona. Tutti a tavola. Sapori unici e ricette tramandate di generazione in generazione: la cucina tradizionale rappresenta una componente fondamentale della cultura di ogni territorio. Vari sono i fattori che influenzano il patrimonio culinario delle comunità, tra i quali la storia dei popoli e la geografia dei luoghi, dando vita a contaminazioni originali e preparazioni inedite.
La cucina tradizionale è anche un importante elemento di coesione sociale: festività ed occasioni speciali sono spesso celebrate con i piatti della tradizione, infondendo senso di appartenenza unico e connettendo le persone attraverso la condivisione del cibo. Anche la provincia di Savona possiede un suo ricco ricettario, che spazia dal dolce al salato e che si basa spesso sulla valorizzazione dei prodotti del territorio, giocando un ruolo chiave sulle tavole imbandite nelle ricorrenze, come la Pasqua, o nei menù delle feste di paese che animano le estati del Ponente.
Partiamo proprio dalla Pasqualina, torta cotta al forno e solitamente salata, tipica della Liguria ma diffusa anche in altre zone d’Italia, talvolta in versione dolce. Come suggerisce il suo nome, essa abbonda sulle tavole savonesi nel tempo pasquale. Infatti uova e formaggio, ingredienti fondanti della ricetta, erano considerati nei secoli scorsi alimenti da consumarsi solo nelle grandi ricorrenze e, insieme agli altri elementi costitutivi della preparazione, richiamano la primavera e dei suoi prodotti, stagione in cui si celebra appunto la Pasqua. Erbette, cipolline nuove e maggiorana, un tempo presenti in ogni orto ligure, vanno a completare la ricetta del piatto clou per il pranzo della Resurrezione. Considerata in passato l’apoteosi dell’abilità delle casalinghe, si narra leggendariamente che queste riuscissero a sovrapporre sino a trentatré sfoglie, in omaggio agli anni di Cristo.
Rimanendo nell’area del salato, abbiamo poi il Bagnùn, nome dato ad una zuppa di pesce a base principalmente di acciughe, nata negli ambienti di mare della Liguria nell’Ottocento. In origine, con il bel tempo e con l’utilizzo di un semplice fornello a carbonella, si preparava a bordo dei leudi, famiglia di barche a vela utilizzate per le attività di cabotaggio (trasporto di merci) dai marinai liguri che viaggiavano verso Corsica. La ricetta ha conservato la semplicità originaria: acciughe freschissime, cipolle rosolate, pomodori pelati, olio d’oliva extravergine e gallette da marinaio o pane biscottato. Un tempo il Bagnun si mangiava quasi solo d’estate, ma con gli anni la pesca delle acciughe si è estesa anche alle altre stagioni e dunque oggi può essere consumato pressoché tutto l’anno.
Proseguiamo con la Buridda, sotto il cui nome sono compresi diversi piatti a base di pesce, tipici della cucina ligure. Ricetta e nome variano a seconda della zona e del periodo storico: in genovese è anche nota come “pesce in tocchetto”. La Buridda tradizionale era un misto di pesce tagliato a piccoli pezzi (stoccafisso, grongo, palombo) cucinato in umido con olio di oliva, pinoli, funghi, capperi, prezzemolo e altri aromi. Le ricette più recenti propongono anche l’utilizzo di triglie, seppie e moscardini uniti a cipolle, pomodori e vino bianco, in sostituzione o in aggiunta agli ingredienti vegetali classici.
Esistono, poi, varianti con un solo tipo di pesce presente: sono la buridda di stoccafisso o quella di seppie (nota anche in italiano come “seppie con piselli”). Nella provincia di Savona, in passato, la preparazione era riportata dai ricettari con la sostituzione di funghi, cipolle e carote con bietole, olive ed acciughe, differenziando la buridda di stoccafisso savonese da quella genovese. In generale, le diverse componenti vegetali dipendevano dalla differente disponibilità delle stesse durante i vari periodi dell’anno.
Per gli amanti del pesce c’è anche il Brandacujùn, nome ligure della brandade di merluzzo francese, a base di patate e stoccafisso (oppure baccalà). Diffuso principalmente nel ponente ligure, la ricetta prevede merluzzo lessato con patate in acqua salata, cui si aggiungono aglio, prezzemolo, olio extravergine di oliva taggiasca, succo di limone e sale. Il nome della preparazione trae origine dal fatto che, una volta posto il coperchio sulla pentola, questa viene “brandata”, ovvero scossa con energia fino al disfacimento e all’amalgamazione degli ingredienti. L’operazione, accompagnata dalla frase Branda cujun! Branda, che ciu ti u brandi, ciu u l’é bon!, era tradizionalmente svolta dagli uomini, che si aiutavano nello scuotere la pentola con il movimento del bacino: da qui la goliardica parte terminale del nome.
E per i vegetariani, niente paura! Abbiamo il Condiglione (cundigiun nel levante savonese, cundiun nel ponente savonese), un’insalata tipica della cucina ligure, moto diffusa nella provincia di Savona, in particolar modo da Andora a Finale Ligure. Esistono diverse ricette di condiglione, con gli ingredienti che variano a secondo delle zone e delle stagioni. La preparazione classica prevede fette di cipolla, pomodori, peperoni rossi, verdi e gialli, acciughe salate, basilico, olio di oliva in abbondanza, olive salate, aglio, uovo sodo, tonno e, a piacere, fagiolini verdi e patate a tocchettini entrambi lessi, sedano verde, capperi salati, cetriolo a fettine, aceto di vino bianco e sale, mescolando bene il tutto prima di servire.
Impossibile non menzionare la Farinata bianca, torta salata molto bassa preparata con sola farina di grano, acqua, sale e olio di oliva. Prodotto tipico della cucina savonese, si cuoce in teglia in forno, assumendo una maggiore croccantezza rispetto a quella di ceci genovese e talvolta anche dal minore spessore oltre che dal colore bianco. Si narra che la farinata di grano nacque nel XVI secolo, a seguito della conquista di Savona da parte dei genovesi: questi, interrando il porto della città ed imponendo pesanti dazi sui ceci, portarono i savonesi a sopperire alla mancanza di farina di ceci mischiandola con quella bianca, di grano, e successivamente utilizzando solamente quest’ultima.
Terminiamo la rassegna del salato con la Panissa. La ricetta recita gli stessi ingredienti della farinata di ceci, con l’esclusione dell’olio d’oliva: si unisce la farina di ceci con l’acqua e il sale; dopodiché si mette a cuocere e, quando ha raggiunto una certa consistenza, si rovescia dentro a dei piatti fondi o, più spesso, in appositi stampini lunghi e stretti con profilo semicircolare dal diametro di circa otto centimetri. È un cibo di origine povera ma nutriente, che può anche essere consumato come cibo di strada. La preparazione conta diverse varianti, dalle striscioline alle fette (tipiche proprio di Savona) ai cubetti, e ne vengono proposti differenti accompagnamenti, dalle acciughe fritte alle cipolle e prezzemolo ed al sugo di pomodoro. Molto diffuso l’uso di servirla dentro un panino rotondo e piatto, a forma di piccola focaccia bianca e senza crosta, che prende il nome di fugassetta imbuttia.
Come si suole dire: “Dulcis in fundo”. Parliamo allora, per i più golosi, degli Amaretti morbidi di Sassello. Ricetta risalente al XIX secolo, si tratta di biscotti a base di pasta alle mandorle, ricavati unendo zucchero, mandorle dolci pelate appunto, albume d’uovo e armelline amare. All’assaggio si presenta morbido e simile al marzapane, dalla forma tondeggiante (come una piccola calotta) e dalla superficie screpolata; spesso vengono presentati avviluppati nelle caratteristiche cartine colorate.
Ricordiamo poi i Baci di Alassio (chiamati anche “Baci della Riviera”), che hanno ottenuto la Certificazione di Prodotto a Denominazione Comunale d’Origine e, dal 2006, anche la Denominazione di Origine Protetta. Nascono nel 1910 da un’intuizione dei Balzola, rinomata famiglia di pasticceri che forniva dolci al casato dei Savoia, ideati come regalo gastronomico da elargire ai visitatori delle regioni limitrofe ed ai turisti provenienti da paesi come Germania e Inghilterra, che in quel periodo stavano scoprendo le bellezza della città. Definiti da Gabriele D’Annunzio “Dolci della gentilezza” o “della galanteria”, sono formati da due cialde di cioccolato di forma sferica, i cui ingredienti sono nocciole, miele, cacao amaro e zucchero; cotti in forno, tra le due cialde è poi racchiusa una crema ganache, composta da panna liquida e cioccolato fondente. Rivisitazione dei baci di dama (ma più grandi e più morbidi), grazie alla loro popolarità sono riusciti ad elevare la cittadina di Alassio a “Città del Cioccolato”.
Concludiamo la rassegna con prodotto dolciario peculiare di Savona e sconosciuto alle altre zone d’Italia: il Pesce d’aprile, una torta fatta a forma di pesce, di grandi dimensioni, che viene venduta a pezzi. Una base di pan di spagna, farcita con crema ai vari gusti e poi coperta di glassa di vari colori, ricostruendo le fattezze e le scaglie di un pesce. Tradizione esclusivamente savonese, che si trova nelle pasticcerie per tutto il mese di marzo e che cessa di essere fatta e venduta a partire dal 2 aprile. La leggenda narra che nel tardo Medioevo, quando Savona era dominata dai genovesi, un doge fosse giunto sulla spiaggia delle Fornaci dove una comunità di pescatori, per sbeffeggiarlo (era infatti il primo di aprile!), gli aveva appeso un pesce finto sulla schiena. Accortosene ed offesosi per lo scherzo, questi aveva minacciato rappresaglie; così i pescatori, per rimediare, avevano chiesto al pasticcere locale di preparare un dolce speciale, che calmasse le ire del doge: un pesce di aprile dolce, per l’appunto.
Doveroso citare ancora, nel salato, i Fassini o Fazzini (focaccine cave di pasta di patate, tipici di Mallare, che a seconda delle varianti prendono anche il nome di Sciaccarotti), i Lisotti (piadine cotte alla piastra, a base di farina e patate, tipiche di Pallare) e la Tira (panino cotto al forno nella cui preparazione si aggiunge abbondante pasta di salsiccia, tipico di Cairo Montenotte); nei dolci, il Castagnaccio (un impasto di farina di castagne, pinoli e uvetta), i Gobeletti (piccoli panieri di pastafrolla con ripieno di marmellata, particolarmente diffusi a Finale Ligure), i Baci di Noli ed i Tourcett di Mallare (canestrelli dolci dati dalla saldatura ad anello dei grissini d’impasto). Savonesi e non solo: buon appetito!