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Per un pensiero altro

Minority report

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Generico novembre 2024

“L’acquisizione della sicurezza impone sempre il sacrificio della libertà, mentre quest’ultima può espandersi solo a spese della sicurezza. Ma la sicurezza senza libertà equivale alla schiavitù (e inoltre in assenza di un pur minimo livello di libertà si rivela in ultima analisi un tipo di sicurezza altamente insicuro)“; è quanto è possibile leggere in Voglia di comunità di Zygmunt Bauman. Il pensiero di Bauman mi sembra essere un’ottima chiave analitica per una questione antica come lo Stato e attuale come l’Intelligenza artificiale; il territorio che ci consente una suggestiva lettura diacronica e sincronica specie se applicato a un testo di Philip Dick pubblicato nel 1956 sulla rivista di fantascienza Fantastic Universe e rivisitato, molto liberamente, dal regista Spielberg nell’omonimo film Minority report del 2002, grazie anche alla sceneggiatura di Scott Frank e Jon Cohen che si sono avvalsi della collaborazione di esperti di intelligenza artificiale, di deep learning e di sociologia. Sarebbe estremamente interessante una lettura comparata delle due versioni, la prima figlia di un’epoca di poco successiva alla seconda guerra mondiale, in piena guerra fredda nell’America del maccartismo; la seconda successiva all’11 settembre, in un’America colpita nel proprio territorio dal terrorismo internazionale, ma non ne abbiamo spazio in questa sede, ci basti, piuttosto, soffermarci sull’elemento comune: la richiesta collettiva di sicurezza che negli USA, negli ultimi anni, ha determinato programmi e strumenti particolari di cui è stata dotata la polizia al fine di “prevenire il pericolo”. A questo scopo gli algoritmi e la deep learning sono determinanti e, mutatis mutandis, ci riportano alle due versioni di Minority report.

Sia nel breve racconto di Dick, sia nel lungo film di Spielberg, la predittività è affidata a tre soggetti dotati di particolari capacità, i Precog, termine che, evidentemente, indica pre-cognizioni, i quali, cooperando, riescono a prevedere dei crimini così che possano essere impediti con l’arresto del soggetto che li avrebbe realizzati. Il futuro assassino, condannato e interdetto, di fatto non si macchierà della colpa. Il paradosso temporale ed etico è evidente: se le previsioni sono corrette X nel prossimo futuro ucciderà Y, ma se X viene fermato prima dell’evento allora lo stesso non si avvera, pertanto la precognizione era errata mentre un innocente viene catturato e imprigionato, infatti X viene giudicato responsabile di un atto che non ha commesso. L’obiettivo del “progetto precrimine”, immaginato da Dick e rappresentato da Spielberg, sembra essere mosso da intenti positivi, eliminare il crimine e garantire la sicurezza, ma inevitabilmente, per tornare alle parole di Bauman, sottrae libertà all’individuo, quella di fare del male, certo, ma anche quella di scegliere e assumersene le responsabilità. Possiamo ancora ritenerci esseri umani se privati del libero arbitrio? La sicurezza collettiva può giustificare una simile rinuncia? Libero arbitrio e futuro predeterminato non risultano palesemente contraddittori? Sono interrogativi che non possono trovare risposte definitive anche se mi risulta difficile ipotizzare la sopravvivenza dell’identità umana se ognuno viene ridotto a esecutore di volontà superiori, nel caso, come distinguerci da una termite? Forse la prima “sicurezza” da garantire, anche a discapito di altre, è quella di essere certi di poter scegliere. Ma limitiamoci, in questa sede, a riflettere sul terzo interrogativo: il futuro è già deciso, come fosse esistente in un diverso livello temporale, per cui diviene assurdo pensare di modificarlo o è la nostra volontà che lo determina come effetto delle nostre scelte?

In una prospettiva filosofica e teologica la questione è molto antica, fu oggetto di un’interessante contrapposizione tra Diodoro e Aristotele, senza addentrarci nello specialistico possiamo affermare che fra le tre affermazioni “domani pioverà oppure no”; “domani pioverà”; “domani non pioverà”, la prima è sicuramente vera solo fino a domani quando sapremo che sarà vera solo una delle due successive. L’utilizzo di un verbo declinato al futuro è, di fatto, un’apertura alla possibilità, la sopravvivenza di una terza opzione rispetto all’antitesi manichea del vero-falso; bene-male. Ma se l’Aruspice, l’Oracolo voce di Dio, il Profeta o il Precog conoscono il futuro, tale possibilità viene negata. In termini teologici: Dio può conoscere il futuro? La risposta della scolastica medioevale può sinteticamente essere risolta nella formula “Dio sa ma l’uomo sceglie” che diviene immagine metaforica dei “viandanti nella strada” nella Summa theologiae di Tommaso la quale esplicita come il fatto che Dio conosca  non rende necessario il futuro. Tutto molto sottile, ma nel momento in cui il futuro viene esplicitato in una previsione ogni sofisma si rivela ingannevole. Va detto che, ancora oggi, sembra indispensabile una sorta di urgenza previsionale, che riguardi la vita oltre la morte o l’oroscopo di domani. Mi sembra interessante la soluzione proposta dal logico polacco Jan Lukasievwicz, che va sotto il nome di “futuri contingenti”, tesa a tutelare la sopravvivenza di un “terzo valore di verità” oltre all’antinomia vero-falso ed è tale contingenza che, a mio parere, sottende il pensiero di Spielberg espresso dalla sceneggiatura del suo film. In esso i Pregog sono tre, come nelle ipostasi cristiane della Trinità, e questo è necessario per far si che possa esistere, in caso di non unanimità precognitiva, una visione minoritaria, minority report, appunto, la sopravvivenza di un’anomalia, di una possibilità, della libertà di modificare la vista metatemporale di Dio; quella opportunità che minerebbe alla base il dogma dell’infallibilità dei veggenti Precog, dell’intero “sistema Precrimine” e di ben altro.

Il racconto visionario di Dick acquista un valore non più fantascientifico nella nostra epoca, nella quale i più recenti modelli di deep learning, che utilizzano sofisticati intrecci di livelli di reti neurali artificiali, possono essere sicuramente sostitutivi delle funzioni dei Precog. Non si tratta di fantascienza ma di algoritmi oramai estremamente diffusi e di uso quotidiano anche se, spesso, nemmeno ne siamo a conoscenza, che conoscono i nostri gusti, i nostri progetti, anche quelli dei quali non abbiamo coscienza e, dovrebbe essere, senza possibilità di errore, senza nessun “rapporto di minoranza”, anche se un margine esiguo di errore pare sopravviva nel cosiddetto “pregiudizio algoritmico”. Lo stesso Dick giustifica l’anomalia nel suo racconto inserendo una discrasia fra le visioni dei Precog che, vedendo non sincronicamente un evento, ne registrano le differenze, anomalia che è l’ultima speranza di libertà per “l’accusato”, per l’uomo, “l’accusato di voler essere libero”. Già nell’età del mito il noto “scrittore di fantascienza” Sofocle utilizza un Precog delfico per informare Laio, padre di Edipo, del futuro, ma sarà proprio l’azione di entrambe che, cercando di modificare la previsione, la confermerà. Anche in una prospettiva sociologica si aprono diversi problemi nel momento in cui un ente di sicurezza pubblica viene orientato alla ricerca di crimini in un contesto specifico, si innesca il meccanismo di autoconferma che, mi sembra pleonastico precisarlo, discrimina i soggetti indagati e accentra porzioni di potere devastanti negli investigatori. L’anomalia del “pregiudizio algoritmico” invece di censurare lo strapotere del sistema, si anestetizza confermandolo. Fino a che punto lasceremo che “strumenti per niente virtuali” ci offrano sicurezza in cambio di libertà? Forse ci salveremo da un possibile futuro 11 settembre, ma quanto poco sarà rimasto da salvare! Non credo esista un futuro predeterminato se non grazie all’inconsapevole connivenza di un’umanità che ha abdicato all’autodeterminazione in cambio di una più tranquilla sopravvivenza, ma suggerisco di non dimenticare che una gallina si è assicurata cibo e riparo al contrario del gabbiano che deve garantirselo quotidianamente, ma, mentre la gallina finirà nel forno, il gabbiano solcherà varcherà gli orizzonti.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
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