In vista della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la città di Finale Ligure – Assessorato Turismo e Cultura, in collaborazione con enti e associazioni del territorio, aderisce alla campagna e propone un calendario di incontri ed iniziative con lo scopo di sensibilizzare a tutti i livelli e ad ogni età i cittadini sul tema a partire dal venerdì 22 novembre.
Il calendario delle iniziative si aprirà a Finalborgo, presso l’auditorium Destefanis, venerdì 22 novembre alle ore 21.15 con l’iniziativa “L’arroganza del pisello”, evento musicale a cura di Ars Populi – Circolo Culturale Song, con testi e musiche tutte originali per affrontare, approfondire e porre l’attenzione sul tema delle disparità sociali di genere.
A seguire, lunedì 25 novembre, alle ore 9.00, con un pubblico composto prevalentemente da alunni delle scuole, andrà in scena, sempre all’Auditorium Destefanis di Finalborgo, il monologo teatrale “Moi” , la storia di Camille Claudel, interpretata da Lisa Galantini. La storia di Camille Claudel è tanto appassionante quanto drammatica, e ancora troppo poco conosciuta specialmente in Italia. Scultrice e artista di eccezionale talento, frequentò l’Accademia Colarossi a Parigi dove conobbe Auguste Rodin, di cui divenne allieva e modella e con il quale intrecciò una relazione tormentata, dall’epilogo doloroso per entrambi. “Moi” dimostra il valore, ma anche il pericolo, di un’esistenza dedicata all’arte, in un’epoca storica che emarginava il talento femminile o non lo sapeva accettare. Una storia di violenza, quella di Camille Claudel, di reclusione forzata e di isolamento voluti dalla sua stessa famiglia. Una storia temporalmente distante da noi ma in fondo non così diversa da tante, troppe, che accadono ancora oggi, non soltanto alle donne.
Sempre lunedì 25 novembre, alle ore 9.30, presso l’Oratorio dei Disciplinanti, nella sala delle Capriate, si terrà anche il convegno “La lunga storia dei nostri diritti” a cura di SPI CGIL. Alla tavola rotonda, incentrata sul tema dei diritti delle donne, dopo i saluti delle autorità prenderanno parte Marta Stella, giornalista e scrittrice, Licia Cesarini, segretaria FLC CGIL Savona, Isa Raffaellini, coordinatrice donne SPI Liguria e Giuliana Parodi, segretaria regionale SPI CGIL Liguria.
Presso l’Arco di Spagna in piazza Vittorio Emanuele è prevista, già a partire da venerdì 22 novembre, l’esposizione dello striscione con l’opera fotografica #NONABBANDONIAMOLE dell’artista plasticienne Faé Djéraba (nella foto). Un’opera fortemente evocativa, in difesa dei diritti delle donne, presentata addirittura al tavolo delle Nazioni Unite e inserita da Mondadori nel catalogo Art Now Artisti 2023, dedicato ai maggiori artisti contemporanei. “In un ambiente freddo che potrebbe ricordare un macello, un luogo ospedaliero, un obitorio, emerge la figura di una donna costretta nel suo burqa a subire le sbarre di una prigione che le hanno costruito intorno. La rete che copre lo sguardo è svanita, perché nulla può spegnere la luce del proprio mondo interiore” scrive Vittorio Sgarbi riferendosi a quest’opera fotografica. L’immagine, inoltre, è stata scelta da XPX Lab per lo specchio di alta tecnologia “Mirò” ed esposta durante la We DESIGN WEEK di Genova ed è stata richiesta dall’associazione FIDAPA-BPW International e premiata dall’Associazione “Artemisia Gentileschi” di Albenga e dal Comune di Loano.
Per Faé A. Djéraba è fondamentale trovare un “fil rouge”, un punto di contatto con una redazione prestigiosa: perché la sua arte è fortemente ancorata al sociale, alla denuncia, agli orrori della nostra quotidianità e, di conseguenza, al mondo dell’informazione e della cronaca. Faé A. Djéraba non è una “cronista” in tempo stesso, ma è come se lo diventasse attraverso le sue opere, nelle quali denuncia le diseguaglianze e le ingiustizie del pianeta in modo tale da non lasciare mai lo spettatore indifferente.
Il progetto #Nonabbandoniamole nasce il 16 agosto 2021, il giorno dopo la Presa di Kabul. “Troppi mi domandano che cosa mi importa di tutto ciò, a me ormai nata in Occidente. Sorellanza, per me è la parola chiave. Patisco il senso di ingiustizia, credo nella libertà, credo nel tenere vive le proprie radici senza sfociare nel radicalismo. Oggi una donna deve poter fare la sua vita, deve poter studiare se intende farlo, deve poter uscire con le amiche, deve avere i suoi spazi. Il tutto senza annientamento dell’identità, senza imposizioni violente”, spiega Faé A. Djéraba.
Un messaggio importante, da parte dell’artista: “Sono stata io stessa vittima di un sopruso, non ho saputo reagire. Oggi questa è la mia rivalsa. Voglio agire per salvare quante più donne mi sarà possibile aiutare sul mio cammino”.
E un’installazione dell’artista Faé Djéraba è prevista anche presso il Teatro Aycardi a Finalborgo, da venerdì 22 a domenica 24 novembre: si tratta della Struttura R.E.V.I.E.W. “Dal giorno in cui sono stata privata dalla possibilità di essere giudice… mi sono sempre ripetuta un ritornello: un’interpretazione dell’Islam che sia in armonia con l’uguaglianza e la democrazia è un’autentica espressione di fede, non è la religione a vincolare le donne, ma i precetti selettivi di chi le vuole costrette all’isolamento”. Shirin Ebadi, prima giudice dell’Iran nel 1969 è stata la prima donna musulmana premiata col Nobel per la pace nel 2003.
La struttura è dedicata al movimento delle donne iraniane “Woman Life Freedom” contro il regime iraniano, intitolata “R.E.V.I.E.W”. In questo caso acronimo di “Rivolta – Ebbrezza – Vivere – Insieme – Estatico – Wonderful”, un chiaro messaggio quindi all’unione e al riscatto in nome della libertà della donna.
Presso il Teatro Aycardi saranno esposte anche 4 opere fotografiche dal titolo “#Nonabbandoniamole”, “Help” ed “Help II”, Masha collegato al progetto “Smile is mine” e “New read”. Questo lavoro nasce dopo i fatti accaduti in Afghanistan, denunciando il trattamento disumano riservato alle donne. Proprio per non dimenticare le violenze, gli abusi, il delirio dei talebani di rendere la cittadina Afghana uno strumento al livello di una scopa fino alla cancellazione della stessa figura femminile. Un dramma che si consuma quotidianamente non soltanto in Afghanistan, ma in tante, troppe altre nazioni tuttora sotto l’influenza degli estremisti religiosi o di regimi totalitari.