Albenga. Dal 5 novembre 1994 al 5 novembre 2024. Sono passati esattamente 30 anni dalla grande alluvione che travolse letteralmente la città delle torri.
Albenga fu letteralmente sommersa: un’immagine che ha segnato indelebilmente la memoria di chi l’ha vista. Le case circondate dall’acqua, che invase anche scantinati e pianterreni, le strade e le piazze avvolte dal fango e trasformate in fiumi impetuosi.
Una sorta di apocalisse improvvisa, iniziata nel pomeriggio di quel sabato tristemente indimenticabile, con la pioggia che iniziò a battere forte, sempre di più, facendo scattare il primo campanello d’allarme.
“Qualcosa non va”, il pensiero comune che correva per i caruggi della città in un’epoca in cui non esistevano ancora le cosiddette allerte meteo. La pioggia continuava a battere. Lo faceva con forza sempre maggiore. E il fiume iniziava ad ingrossarsi.
Poi, la svolta: il Centa ruppe gli argini e uscì all’altezza dello stadio, invadendo letteralmente la città e portando con sé fango, legna e detriti. Anche i tombini, ovviamente, non riuscirono a reggere alla forza dell’acqua, che provocò danni ingenti a edifici, infrastrutture, colture e attività economiche, dal centro storico alla zona mare, fino al primo entroterra.
La forza del fiume spezzò letteralmente anche il ponte che allora collegava il centro città al quartiere di Vadino e che, l’anno successivo, venne sostituito dall’iconico Ponte Rosso, oggi uno dei simboli della città.
A distanza di 30 anni, la paura resta viva nella memoria di chi ha vissuto quell’evento e che oggi trema ancora di fronte alle allerte meteo (l’ultima ondata lo scorso 5 settembre, con conseguenze catastrofiche per tante aziende agricole e famiglie), con il timore di sprofondare di nuovo nello stesso incubo.
Complice l’alluvione avvenuta a Valencia, con diverse centinaia di morti, il tema è ritornato nuovamente d’attualità oggi nella nostra fragile Liguria, con il neo presidente di Regione Marco Bucci che ha annunciato l’intenzione di “svolgere un’indagine operativa sui punti più critici della regione dal punto di vista idrogeologico: la piana di Albenga è sicuramente uno di questi”.
Oggi, mentre guardiamo al futuro, è fondamentale non dimenticare il passato: ricordare è doveroso, un atto d’amore verso la città e verso le persone che hanno sofferto.